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Bartolo, rampollo di una famiglia dell'alta borghesia romana, forse per una tendenza all'autodistruzione talvolta congenita ai ceti più agiati, forse per una più personale depressione, incontra la droga, anzi le droghe, sostanze stupefacenti varie che attribuiscono alla sua libertà da un lato una potenza limitata dall'assuefazione, dall'altro l'analgesico necessario per resistere a una famiglia moralista, diplomaticamente bigotta, ipocrita, in una parola: borghese. Preoccupati del proprio nome e dall'avvenire del figlio, i genitori di Bartolo coartano il figlio in una clinica svizzera, lontano dagli occhi e dal cuore; qui, in un complesso di colpe in cui la colpa è di tutti o di nessuno, il protagonista inizia a tessere la sua vendetta e, edipo contemporaneo, tutto il suo rimorso.